Marketing è sicuramente un termine inflazionato, usato spesso a sproposito o quanto meno genericamente, declinato in tutte le salse, presente in diverse locuzioni tipo “CRO marketing“, “social media marketing”, “digital marketing”, “cold email marketing” o semplicemente “email marketing” e potremmo proseguire a lungo.
Alcuni di questi argomenti li abbiamo già trattati, altri li affronteremo prossimamente ma questo post è dedicato al social media marketing e nasce da un input ben preciso: dalle domande di molte persone, clienti e amici spaesati dal pullulare di definizioni condite da neologismi e anglicismi e dal conseguente feedback positivo e gratificante che riceviamo: siamo felici, parlando con loro, di aver diradato almeno in parte la confusione; possiamo pure definirlo un tentativo di “divulgazione” tecnologica (sia inteso non con seriosità, bensì con autoironia), di rendere alcuni termini – e con essi, bada bene, concetti – più digeribili e comprensibili.
D’altronde quando ci si addentra nei tecnicismi lessicali – non solo nel web, a dire il vero, ma soprattutto nel web- c’è il rischio di annoiare o apparire quanto meno oziosi, passare per pretenziosi nerd “spara supercazzole digitali”.
Molti “guru” della comunicazione inorridiscono all’equazione marketing = pubblicità. In effetti non sono la stessa cosa, ma nella schematizzazione brutale, a nostro giudizio, ci può anche stare, senza che nessuno muoia, se ne abbia troppo a male o storca il naso disgustato. Per essere un minimo più corretti diciamo che la pubblicità è un elemento del marketing che è un concetto sicuramente più ampio e complesso ma comprende la pubblicità che, a sua volta, ne costituisce un componente, una parte molto importante.
Definizione di marketing ed esemplificazioni
Comunque richiamiamo una brillante definizione di marketing data da un vero guru Byron Sharp, docente e direttore dell’Ehrenberg-Bass Institute, tra i più importanti se non il più autorevole centro di ricerca dei marketing :”il marketing si riferisce all’insieme di tutte le attività che sono finalizzate a massimizzare lo spazio mentale e/o fisico e/o digitale di un prodotto o di un brand”. Questo concetto – bada bene – è stato a suo tempo alla base di una vera e propria rivoluzione delle strategia implementate nel business da multinazionali di beni di largo consumo come Procter and Gamble e Unilever (multinazionale britannica di beni di consumo titolare di 400 marchi tra i più diffusi nel campo dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e per la casa).
Facciamo un esempio pratico di una situazione realistica. Supponiamo che – come mi capita non di rado – sono le 20.00/20.30 di un giorno lavorativo, esco esausto dal mio studio e non intendo mettermi a cucinare ma neppure ho voglia di andare al ristorante o in pizzeria. Quindi penso di farmi consegnare a casa una cena a base di quello che mi aggrada (facciamo una bella pizza). So che esistono delle piattaforme specializzate nel settore dei servizi di consegna del cibo a domicilio come deliveroo, just eat, glovo, etc. Il fatto che io pensi ad una o all’altra, salvo specifiche pregresse esperienze dirette (leggasi “vissute in prima persona”) o indirette (per sentito dire, a detta di amici, etc.), dipende dalla “disponibilità mentale” che esse hanno saputo creare nella mia mente. Mi rivolgerò a quella che – a parità di condizioni – sarà riuscita a rimanermi più impressa, per un motivo o per un altro.
Facciamo un altro esempio calato nella realità quotidiana: esco all’ora di pranzo dall’ufficio e prima di recarmi a casa passo a fare la spesa ad un supermarket; fa caldo, ho sete e voglia di una bibita gassata. Anche qui, supponiamo mi piacciano, senza fare nomi, diversi tipi di bibita più o meno allo stesso modo. E’ chiaro che se nel supermarket sarà meglio visibile e prima visibile una di queste, la stessa “avrà una probabilità maggiore di essere acquistata”. Disponibilità fisica.
Quella digitale è data invece dalla presenza sui motori nel posizionamento organico, dagli annunci a pagamento (campagne advertising o ads), dalla presenza sui social: me li ritrovo appena apro il motore di ricerca o sulle news feed dei social che consulto anche al di fuori della ricerca, mentre penso ad altro, mentre scrollo il news feed dei social, visito un sito che ospita ads, etc..
In pratica tutto ciò che fa in modo che nella nostra mente, alla nostra vista o negli strumenti a nostra disposizione sia presente l’oggetto o il brand che ci interessa vendere è marketing. Il marketing ha poi delle regole ben precise, una sorta di sintassi ma anche di questo ce ne occuperemo presto e con il respiro che merita.
Qualcuno potrebbe obiettare che per quanto esaustiva, formale, astratta, forse elegante, rigorosa o pseudoscientifica – utilizza l’aggettivo che preferisci – questa altro non che la definizione di pubblicità. Pur non essendo così, partiamo da questa definizione e soffermiamoci su un punto, su un termine essenziale: disponibilità.
Quindi al fine di ” creare disponibilità….”, servirà anche il posizionamento del nostro sito web ma non sempre è condizione sufficiente né necessaria.
Il seo, la visibilità sui motori è una visibilità che presuppone un’azione di ricerca dell’utente specifica, ma possiamo e dobbiamo arrivare al nostro potenziale cliente anche per altre vie; questo pure per via del fatto che non sempre è possibile affidarci al seo per diverse ragioni, ma in ogni caso il seo da solo non offre evidentemente una visibilità globale.
Social marketing e social management
E qui entrano in ballo i social… ma prima ancora, sempre per il difetto nostro maledetto di definire in modo le cose in modo comprensibile (è molto più importante di quanto tu possa immaginare per diversi motivi che non spiegheremo in questo contesto) dobbiamo operare un distinguo: social management non significa fare social marketing. Il social manager, la figura specialista nella gestione dei social (non l’amico o il cugino smanettone che “ci gestiste la pagina social”), ha un ruolo piuttosto complesso finalizzato, se vogliamo, sempre al marketing ma con strategie che si sviluppano in un respiro di medio e lungo termine e si tratta di una gestione indicata, particolarmente utile per aziende importanti, multinazionali o grandi imprese su media e larga scala: il suo ruolo è quello di creare una community, gestire l’immagine del brand sui social media. Hai presente il “bombardamento” in tv di amazon sul dipendente immigrato che racconta di come i colleghi lo abbiano accolto come a casa propria, o dell’altro ragazzo (sempre dipendente di amazon) che viene aiutato a provvedere alla famiglia indigente, con un fratello disabile? Questo è un chiaro esempio di come il management punta a costruire una reputazione e a dissipare le dicerie, i luoghi comuni (chiamali come preferisci) che raccontano di una multinazionale spietata che sacrifica l’umanità al profitto. Subdolamente, se vuoi, alla fine punta a conquistare chi per motivi etici, morali, ideologici rigetta il sistema amazon.
Il social marketing, invece, ha un respiro breve ed è finalizzato a promuovere in modo più diretto e immediato un prodotto, un servizio, un brand con delle campagne, delle inserzioni multimediali (advertising basate su immagini, video, slideshow) ben mirate, che hanno effetto nel breve termine – se ben progettate – producono risultati tangibili, a volte effimeri, ma tutt’altro che inutili.
La cosa importante è che i risultati sono misurabili, nel senso che possiamo monitorare quante persone effettivamente, per dire, hanno cliccato su un post oggetto di una campagna, etc.
Come si progetta una campagna di social marketing
Che cosa significa “se la campagna è ben progettata”?
Significa che dobbiamo definire il tutto con metodo, secondo un’impostazione a blocchi ben precisa che illustreremo sinteticamente: che cosa a noi interessa come obiettivo, a chi rivolgerci e come persuadere il target con un messaggio efficace.
Definizione degli obiettivi della campagna marketing
Voglio avvalermi dei social per promuovere un mio servizio, un prodotto, il mio brand e fin qui ci siamo. Ma il mio obiettivo consiste nel vendere direttamente un prodotto (è il caso di un e-commerce) o un servizio oppure nel ricevere telefonate e contatti da parte di potenziali clienti?
Ho un ristorante, ad esempio: in questo caso il mio obiettivo sarà quello di ricevere delle prenotazioni dei tavoli. Sono una società di servizi: in questo caso, probabilmente, vorrò che siano massimizzate le richieste di preventivi oppure delle richieste di appuntamenti (si tratta di step che porteranno o possono portare in caso di conversione a fatturare).
A volte, per dare risalto alla popolarità di un mio prodotto o servizio, il mio obiettivo può pure consistere nel massimizzare il numero dei like di un post, per esempio. Questa situazione, per quanto possa apparire “artefatta” – e noi tendiamo a non considerarla la stragrande maggioranza delle volte – potrebbe anche avere senso laddove ci fosse la necessità di oltrepassare la diffidenza di chi non ci conosce. Ci capita di osservare delle società di comunicazione (eh già 😊) che sconsideratamente, in barba ad ogni senso logico e “grammatica” del marketing, puntano a questo obiettivo per sponsorizzare un evento o una manifestazione che ha già diverse edizioni alle spalle. La cosa più buffa è la bizzarra lista di centinaia di profili (quella che appare sotto il numero dei “mi piace” d un post di facebook) fake da gli improbabili nomi asiatici che “apprezzano” una saga di paese o un evento che interessa un raggio di azione dal luogo di al massimo 90-100 km.
Chiaramente debbo capire pure quale sarà il mio margine.. Che significa? Con la promessa che svilupperemo più approfonditamente questo aspetto qualificante, per brevità il margine è quanto posso permettermi di spendere nella campagna per non rimetterci.
In linea di principio avrò ritorno se riesco a vendere, ad esempio, il mio prodotto – o a ricevere un preventivo o un contatto – grazie alle campagna di marketing pagando per un click di prenotazione di un tavolo minore o uguale a detto margine.
Si definisce pure la durata della campagna e il budget.
Definizione di targeting: buyer persona
Definito quali sono i miei obiettivi, la mia conversione ed il costo massimo di conversione, passerò a definire quale è il nostro target, la tipologia (o le tipologie) di persone cui vogliamo arrivare. La buyer persona è definita da alcune “coordinate” di diversa natura, come dati demografici, ossia fascia di età, genere, localizzazione geografica (in termini di città, quartiere se ci troviamo in una metropoli o di cerchio definito da un certo raggio e centro, ossia il punto da cui partiamo), istruzione, tipologia di lavoro, interessi e comportamento.
Potrei avere una campagna destinata a più segmenti di pubblico, più buyer personas e per ciascuno di essi dovrò pensare ad una ben precisa leva di persuasione commerciale legata alla motivazione di interesse.
Realizzazione campagna con messaggi mirati
Quindi si passa all’implementazione del messaggio creativo – che si tratti di un video o di una immagine con un claim o spot promozionale – che dovrà essere accattivante e convincente rispetto alle esigenze dello specifico segmento.
E’ importante capire che molto spesso per non dire sempre, quando ho una segmentazione del mio pubblico di riferimento, ossia più buyer personas, ho delle diverse motivazioni che a ciascuno di esse interessa.
Pensiamo al caso di un ristorante che ha come buyer personas comitive di amici a cui, supponiamo, interessa magari una determinata pietanza in gruppo (diciamo una sorta di menu di gruppo, o un piatto da condivisione come la polenta o una grigliata da 8 persone), le coppie saranno attratte da un’altra particolarità del nostro ipotetico locale (è romantico, diciamo, oppure perché il menu annovera piatti afrodisiaci), gli uomini di affari, persone di transito ed in generale persone che non sono del luogo ma che per qualche ragione soggiornano, tanto per ipotizzare, ad una struttura ricettiva poco distante interesserà sì che si mangia bene, che si spende il giusto ma in particolar modo che per ragioni logistiche è comodo per loro.
Dobbiamo pensare che i social, infatti, presenteranno un messaggio diverso a persone diverse proprio in virtù dell’elevatissima targettizzazione, con ottimizzazione eseguita chirurgicamente, grazie a dei raffinatissimi algoritmi, delle formule paurosamente sofisticate e grazie a fatto che i social passano al setaccio ogni minimo comportamento: se siamo o no fruitori di contenuti video, cosa vediamo, cosa a noi piace, se tendiamo a interagire o no.
Il punto, però, è cercare di individuare in modo oculato quale è, anzi quali sono i nostri potenziali clienti. Perché se l’analisi è corretta, la precisione con cui verranno proposte le inserzioni al pubblico è impressionantemente efficace. Esiste sempre un però (magari solo uno!) se io ho come obiettivo il traffico verso il mio sito, per prenotazioni o acquisti online, chiamate o quant’altro, l’efficacia potrebbe essere vanificata per un sito non adeguato: lento a caricare, non usabile, etc,; di qui l’importanza di un progetto web adeguato e realizzato su misura.
E qui sicuramente entrano in ballo diversi fattori, non ultimo il nostro “polso”, la nostra esperienza ma non solo. Ma di questo ne parleremo in un altro articolo come in altri post sviscereremo diversi altri aspetti cruciali che abbiamo toccato in questo post in relazione al social media marketing.